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#LBDV – Milan-Juventus, avversarie sul tetto del mondo
L’ultima edizione della Champions League, la 2018-2019 per intenderci, insieme a quella dell’Europa League ci hanno portato a due finali tutte inglesi: Liverpool – Tottenham e Arsenal – Chelsea. Quando squadre dello stesso campionato riescono a raggiungere il tetto d’Europa, negli anni seguenti quel campionato acquista prestigio. Anche la nostra Serie A è stata per anni uno dei campionati più prestigiosi: ambita da tantissimi calciatori. Il fascino della Premier non si nega, questo è ovvio, ma l’Italia era la meta di grandissimi campioni internazionali. Nel corso di tutta la storia della Coppa dei Campioni – diventata poi Champions League – soltanto una volta due italiane si sono sfidate in finale: era il 28 maggio 2003.
Quella data è indimenticabile, sicuramente, per i tifosi milanisti. Ma al di là del dato soggettivo, rimane uno dei più grandi traguardi della storia del nostro campionato. Due italiane sul tetto del mondo, che hanno calcato il campo di uno dei più grandi stadi esistenti: l’Old Trafford. Habitat dei Red Devils, non è un caso che l’abbiano spuntata proprio i diavoli rossoneri.
Partiamo però da un po’ di storia. Il Milan era una squadra di terza fascia. Si erano qualificate però anche Inter e Roma, oltre alla Juventus. Andiamo adesso ad analizzare i percorsi della due rigate, singolarmente, dai gironi fino alla finale.
IL PERCORSO BIANCONERO
La Juventus si ritrova nel gruppo E, insieme a Newcastle, Feyenoord e Dinamo Kiev. I bianconeri guidati da Marcello Lippi riescono ad ottenere in casa tre vittorie su tre, tutte con clean sheet. Un sonoro 5-0 ai danni della Dinamo che anche al ritorno non riesce ad arrestare la potenza di quella squadra, capitanata da Alessandro Del Piero. L’unica fu il Newcastle che in casa vinse con un 1-0 di misura ai danni proprio dei “compagni” di colore. Mentre il Feyenoord uscì comunque imbattuto dal campo, anche se per un pareggio di 1-1. Juventus prima nel girone a 13 punti con 4 di distacco sulla seconda. Una vera e propria mattanza di una squadra che si stava già preparando ad assaporare la coppa.
Si preparava però la seconda fase a gironi, la più infernale di tutte. L’aggettivo non è usato impropriamente, poiché i bianconeri incontrarono nel girone il Manchester United di Sir Alex Ferguson. Quell’anno, infatti, la finale si sarebbe disputata proprio nel loro stadio e l’obiettivo era quello di non sfigurare. Infatti, così fu: il Manchester United arrivò proprio primo in quella seconda parte. E cosa successe alla Juventus?
La squadra di Lippi si qualificò alla fase successiva quasi per miracolo. Oltre ai Red Devils le altre avversarie erano Deportivo e Basilea. I bianconeri persero sia all’andata che al ritorno, rimanendo imbattuti in casa contro le altre due. Furono però le trasferte ad essere complicate, poiché nessuna di quelle fu vinta dalla squadra torinese. La Juventus infatti si qualificò a pari punti con Basilea e Deportivo, riuscendo ad arrivare seconda grazie alla differenza reti: 11 fatte ed 11 subite, a discapito delle altre due che invece subirono più goal di quanti ne fecero.
La fase ad eliminazione diretta fu altrettanto difficile per i bianconeri che si trovarono davanti due grandi avversarie. La prima fu il Barcellona, guidata dal terzo tecnico di quella stagione: Radomir Antic. Non tanto allo stadio delle Alpi, quanto invece al Camp Nou la squadra di Lippi riuscì magicamente a spuntarla battendo i padroni di casa per 2-1, con le reti di Pavel Nedved e Marcelo Zalayeta.
La seconda fu invece il Real Madrid, prima di arrivare alla finale. Il 2-1 rifilato ai catalani al Camp Nou si riversò sulla Vecchia Signora al Bernabeu. Ma dopo il crollo in Spagna, ci fu il 3-1 in casa che permise agli uomini di Lippi di preparare le valigie per Manchester.
IL PERCORSO ROSSONERO
Il percorso rossonero inizia leggermente prima della fase a gironi. Terzo turno preliminare, Milan – Slovan Liberec. Gli uomini di Ancelotti dovevano dimostrare di meritarsi quel posto in Champions. Il loro passaggio alla fase a gironi, però, fu alquanto fortunoso. I rossoneri riuscirono a superare il turno grazie alla rete fuori casa contro lo Slovan, nonostante la sconfitta per 2-1.
Terza fascia per il Milan che si ritrovò contro Bayern, Deportivo e Lens. Un girone disastroso per il Bayern, che addirittura si piazzò al quarto posto, permettendo al Lens di andare a lottare in Europa League. Fu invece magnifico per il Milan che perse solamente con Lens e Deportivo, qualificandosi a pari punti con quest’ultima. Riuscì però ad ottenere il primo posto grazie proprio alla differenza reti (+5 contro il -1 degli spagnoli), sicuramente dovuto al 4-0 rifilato loro in trasferta. Primo posto che consentì ai rossoneri di finire in seconda fascia, in compagnia delle altre due italiane, Inter e Juventus.
Secondo girone per niente facile per il Milan che si ritrovò a dover competere con Real Madrid, Borussia e Lokomotiv Mosca. Ma i rossoneri riuscirono comunque a spiccare e ad ottenere un eccellente primo posto, di nuovo con 12 punti. I blancos si piazzarono secondi anche se solamente ad un punto dagli italiani. Capitanati da Paolo Maldini e guidato da uno strepitoso Carlo Ancelotti, i diavoli di Milano si apprestavano a raggiungere la finale di Manchester. Le sole due sconfitte – con Real e Borussia – non impedirono di certo a quella grandissima squadra di regalarsi un sogno, l’ennesima Champions League. A quel punto, mancavano solamente pochi step prima di quella finalissima all’Old Trafford.
Il primo fu l’Ajax, di Koeman in panchina e dei giovanissimi Sneijder ed Ibrahimovic. La sfida tra i cugini Seedorf; tra l’altro i lancieri erano la primissima squadra con cui Clarence, in quel momento al Milan, aveva vinto la Champions League. Solo uno 0-0 in Olanda, sfociato in un combattuto 3-2 al ritorno a San Siro con una doppietta di Inzaghi e un goal di Shevchenko. I due bomber permisero alla squadra di andare oltre e raggiungere le semifinali, dove li attendeva un avversario che conoscevano benissimo: l’Inter.
Il derby della Madonnina in Champions League, un po’ come quando adesso vediamo El Clasico. Un’Inter che veniva da un passaggio fortunato contro il Valencia, anche loro per una rete fuori casa sul 2 a 1. In panchina Hector Cuper, la fascia sul braccio di Javier Zanetti. Andata e ritorno al San Siro: Milano era già proiettata alla finale, ma quale delle due sarebbe riuscita a spuntarla? Una delle sfide più sentite di quella stagione, forse umanamente la più importante se teniamo conto della rivalità. Fu il Milan ad averne la meglio, anche se non riuscì mai a battere i propri cugini nerazzurri. Uno 0-0 all’andata ed un 1-1 a ritorno che andò a discapito del biscione. E da quel giorno l’unico pensiero era ormai quella coppa.
LA FINALE DI MANCHESTER, 17 YEARS AGO
Prima di passare alla data della finale, ci soffermiamo a 4 giorni prima: 24 maggio 2003. La Juventus già campione di Italia batte il Chievo 4-3 in attesa di quella finale che sarebbe arrivata solamente qualche giorno a seguire. Il Milan arriva terzo, ottiene comunque un posto in Champions League ma perde l’ultima giornata 4 a 2 contro il Piacenza, che quell’anno fu condannata alla B. Ancelotti e Lippi, due italiani alla guida di due italiane. La Juventus aveva già visto quel campo ed aveva rischiato anche di non rivederlo più. Il Milan però era un po’ padrone di casa. Dei diavoli in casa di altri diavoli possono solo scatenare l’Inferno. Anche se non fu esattamente così, perché quella partita fu decisamente tattica e con 0 goal da entrambe le parti. Nemmeno i supplementari, e le varie sostituzioni, furono decisivi per sbloccare quel match che arrivò fino ai calci di rigore.
Una lunga maratona che sfociò nella più ansiogena porzione di gara, in cui entrano in ballo non solo la freddezza ma anche la famosa dea bendata. Il primo rigore fu calciato da Trezeguet, parato però da Dida; segue poi Serginho che riesce ad insaccarla nell’angolo alto sinistro. Birindelli contro Dida, con il bianconero che riesce a centrare un tiro potente e a battere il brasiliano. Seedorf si fa invece parare da Buffon, tirando verso la destra del portiere: Gigi Buffon riesce ad indovinare l’angolo e a pararla. Sbaglia successivamente Zalayeta che tira lentamente e si fa ostacolare dal portiere brasiliano; segue la parata di Buffon su Kaladze. Dida para anche Montero e Nesta ne approfitta magnificamente per battere il suo connazionale, con un tiro strabiliante. Del Piero non sbaglia ma Shevchenko la insacca allo stesso modo in cui aveva fatto il capitano bianconero, incidendo il nome del Milan sulla coppa della 48esima edizione, quaranta anni dopo.