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Lotito: “Lazio ora punto d’arrivo. Voglio una squadra made in Italy”

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Lotito Lazio
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Il patron della Lazio Claudio Lotito, ai microfoni di Quelli che hanno portato il calcio a Roma, ha parlato nel corso di una lunga intervista del momento che sta vivendo la sua squadra:

Sto dalla mattina alle 8 fino alle 23 al Senato, ormai non ceno più (ride, ndr). Quando arrivi a casa sei stremato, stanco morto. Per adesso dormo tre ore a notte, abbiamo commissione in vari orari della giornata. Ho avuto una delega dagli elettori e voglio assolvere il mio compito dando il mio contributo. Ai posteri l’ardua sentenza“.

L’idea dietro alla costruzione della squadra?
E’ difficile acquisire risultato, indipendentemente dalle possibilità economiche. E’ vero che queste contribuiscono ad accrescere il livello della rosa, ma il calcio è un gioco di squadra. Bisogna creare quella alchimia, una specie di corrente elettrica per poter cementare un rapporto e far scendere in campo i giocatori con forti motivazioni. Abbiamo perso punti con squadre più deboli, bisogna creare e trovare le giuste motivazioni, che fanno la differenza. Un ambiente ‘tutti per uno e uno per tutti’. E tutti devono lavorare all’unisono. Tanti italiani in rosa? Noi stiamo cercando di allestire una squadra all’insegna del made in Italy. Rivendichiamo il ruolo dell’Italia a livello internazionale, peccato per il Mondiale saltato. L’organizzazione è fondamentale, a volte le mele marce alterano gli equilibri. Stiamo inserendo calciatori di valore morale e caratteriale, per evitare discrasie“.

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Perché la scelta di ripartire da Maurizio Sarri?
Dovevamo ripartire con un nuovo ciclo. E’ un maestro di calcio, ho fatto uno sforzo particolare e preso 15 giocatori in un anno solare. Poche squadre hanno avuto la capacità di cambiare tanto. La rosa è di qualità, competitiva e può raggiungere certi obiettivi“.

Cosa c’è dietro le norme a sostegno delle società di Serie A?
Ho fatto una norma di buon senso. Non volevo aiutare nessuno. Tutte le categorie avevano avuto dei ristori, penso al Cinema ad esempio. Lo sport nessuno. Qualcuno voleva tornare indietro rispetto agli impegni assunti. Tutto lo sport italiano ne avrebbe risentito, sarebbe stato un cataclisma. Alcuni rappresentanti dello sport remano contro e questo mi addolora, oltre ad essere inconcepibile. Io dico la verità e parlo con i fatti, non con i proclami. Gli obiettivi non si annunciano, si raggiungono. Infantino quando è venuto a Formello è rimasto impressionato, abbiamo infrastrutture di primo livello. Oltre a questo, adesso la Lazio è un punto d’arrivo e non di partenza“.

Cosa pensa della questione stadio?
“Io non sono abituato a vendere cose che non posso realizzare, non per mia volontà. Oggi il Flaminio è uno stadio che – in base alle norme di sicurezza – ha 16.000 spettatori. Per noi è inadeguato, ci serve minimo da 45.000 spettatori. Questo è il primo problema, poi c’è la copertura. Terza cosa i parcheggi e la viabilità in generale, che forse fra tutti è risolvibile. Ho studiato tutta la cosa, ovviamente. Il problema sono le autorizzazioni e qui cozziamo con posizioni non in linea con le nostre aspettative. Io presento un progetto se so che può essere approvato, ma se so in partenza che sarebbe bocciato, che lo presento a fare? Le idee si muovono con le gambe degli uomini, che spesso sono fallaci. Piano B? Farlo da un’altra parte. Il Comune non è disponibile, siamo prigionieri di una situazione. Potevamo avere uno stadio avveniristico da parecchi anni, però Veltroni rifiutò parlando di speculazione. L’ho ringraziato però, perché avrei snaturato la proprietà sulla Tiberina che adesso ha un valore affettivo e non un interesse materiale. Per Tor di Valle invece alcuni ostacoli furono superati. La Lazio è in buone mani, non quelle mie, ma mio figlio ha grande entusiasmo. Arriverà anche lui ad avere una totale autonomia sulle scelte, ci mette impegno e dedizione. Ho detto a tutti che la tramanderò a mio figlio“.

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(Fonte foto: Depositphotos).

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