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A(F)FONDO – L’Almanacco del giorno prima – Sheva

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L’Almanacco del giorno prima – Sheva

Sheva, al secolo Andrij Mykolajovyč Ševčenko, nasce in Ucraina il 29 settembre 1976, nel piccolo villaggio di Dvirkivščyna, nella regione della capitale Kiev.
E’ considerato uno degli attaccanti più forti della sua generazione ed è, senza dubbio, uno dei migliori calciatori ucraini di sempre.
Ha legato indissolubilmente la sua carriera al Milan, dove ha giocato complessivamente per otto anni, sette dei quali all’apice del successo.
Come ogni bomber, ha ricevuto molti soprannomi: Re dell’Est, Vento di passioni, il Fenomeno del Mar Nero.
Nella storia del calcio resterà sempre, semplicemente, Sheva.

L’esplosione di Černobyl’

Sheva aveva dieci anni quando il reattore quattro della centrale nucleare, ad appena un paio di centinaia di chilometri da Kiev, saltò in aria.
Fino ad allora, pur non provenendo da una famiglia ricca (padre militare di carriera), non gli era mancato nulla, e si divertiva a fare diversi sport.
Il calcio però era il suo vero amore, tanto da essere preso, giovanissimo e prima della esplosione, nella Accademia della Dinamo Kiev.
Il pallone lo ha salvato dalla strada, come ha dichiarato più volte, ma la vita lo ha messo di fronte a situazioni difficili.
Dopo l’esplosione fu portato insieme a molti altri suoi coetanei, compresa la sorella, lontano dalla capitale, sulle coste del Mar d’Azov, a millecinquecento chilometri da casa.
Non è stato facile crescere così, eppure con la sua ferrea forza di volontà e l’aiuto di una famiglia unita, è riuscito a diventare lo Sheva che tutti ricordiamo.

Gli esordi

Fu Aleksandr Špakov, osservatore della Dinamo, il primo a notarlo, dopo che Sheva era stato scartato da una importante scuola sportiva privata di Kiev: è carente nel dribbling, dicevano.
Cominciò quindi la trafila nelle giovanili, bruscamente interrotta dal disastro nucleare.
Dopo la parentesi del Mar d’Azov, Spakov lo richiamò alla Dinamo e nelle giovanili iniziò una folgorante carriera.
Capocannoniere nella Coppa Ian Rush in Galles nel 1990 (fu premiato dallo stesso Rush che gli regalò un paio di sue scarpette), capocannoniere della squadra riserve della Dinamo nella stagione 1993/1994, debuttò in prima squadra l’8 novembre del 1994.
Pur non giocando molto, riuscì a diventare capocannoniere della Coppa d’Ucraina, conquistandosi anche il pass per la nazionale maggiore.

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Lobanovski, il Colonnello

Dal 1994 in poi fu un crescendo di successi.
Con la Dinamo, fino al 1999, vinse cinque scudetti e tre coppe nazionali, oltre a moltissimi premi individuali.
Allenatore della compagine, dal 1997, era diventato Valerij Lobanovski, detto il Colonnello, leggenda del calcio russo dei primi anni ’60.
Fu il suo mentore, quasi un secondo padre.
Sheva ha raccontato in una intervistaCi faceva fare decine e decine di ripetute su quella che chiamavamo la salita della morte. Pendenza del sedici per cento. Chi non vomitava, giocava da titolare. Se vomitavamo tutti, giocava chi lo aveva fatto di meno. La mia resistenza durante la corsa veloce viene da quella sofferenza che ci imponeva. Era un uomo durissimo, ma di una integrità che ti metteva alla prova“.
Con il compagno di reparto Serhij Rebrov, sotto la guida del Colonnello, Sheva ha scritto un pezzo di storia della Dinamo Kiev.

L’approdo al Milan ed il successo internazionale

Il Cavaliere decise di ingaggiare questo fenomeno ucraino, e lo acquistò nel maggio del 1999 per 25 milioni di dollari circa.
Era il Milan del post Capello, che partì con Zaccheroni e arrivò a vincere tutto con Carlo Ancelotti.
Anche Sheva vinse tutto, entrando con forza nel cuore dei tifosi rossoneri: uno scudetto, una coppa italia, una supercoppa italiana, una Champions League, una Supercoppa europea, il Pallone d’oro.
A marzo 2004 fu inserito da Pelé nella FIFA 100, la lista dei 125 migliori calciatori viventi.
Ma tutte le belle storie hanno un inizio ed una fine e così nel 2006, nel mese di maggio, lo stesso in cui era arrivato sette anni prima, partì con destinazione Chelsea.
Fu una scelta di vita perorata soprattutto dalla moglie, come confermò successivamente Galliani in alcune interviste, che lasciò i tifosi rossoneri con l’amaro in bocca.

Gli ultimi anni

Sheva aveva 30 anni ed era ancora integro, ma il calcio è spietato ed altri giovani campioni cominciarono a rubargli spazio e campo.
Al Chelsea rimase un solo anno, senza acuti particolari, per poi tornare al Milan in prestito l’anno successivo.
La sua carriera calcistica volgeva, però, oramai al termine, ed il Milan decise di non riscattarlo.
Concluse la sua fantastica avventura tornando alla Dinamo Kiev, dove tutto era iniziato, vincendo una Supercoppa d’Ucraina nel 2011 e ritirandosi dalla attività agonistica nel 2012.

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Sheva oggi

Dopo il suo ritiro Sheva ha tentato la carriera da allenatore e quella politica in patria, entrambe tuttavia senza grandi fortune.
Nel 2018 è stato opinionista per DAZN.
Oggi è impegnato, come ambasciatore di United24, nella sensibilizzazione della opinione pubblica internazionale sulla sciagura della guerra che ha colpito il suo popolo e partecipa a numerose iniziative benefiche per la raccolta di fondi e generi di prima necessità per gli sfollati.
Sulla guerra in Ucraina ha dichiarato di recente: “Sono passati più di sei mesi dall’inizio della guerra e, ovviamente, la consapevolezza della guerra è come un’onda che cresce e poi si spegne. Il mio messaggio è che la guerra c’è, la situazione è molto critica. Ogni giorno le persone perdono la speranza, perdono le loro case, perdono la vita. Hanno bisogno di aiuto. Non siate indifferenti. So che molti di voi hanno già aiutato molto e voglio ringraziarli. Ma so anche che l’Ucraina ha bisogno di più aiuto, vi prego di non essere indifferenti. Dobbiamo restare uniti per il mio popolo. Il mio messaggio è sempre “Sláva Ukrayíni!””.
Sláva Ukrayíni, Sheva, buon compleanno.

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