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NUMERO 14 – Un Derby lungo un anno

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La foto è in bella vista nell’ufficio del presidente Giampiero Boniperti. Ritrae la squadra del Perugia, quella che ha sottratto il titolo alla Juventus. Sconfitta allo stadio umbro e scudetto cucito sulle maglie degli odiati “cugini” del Torino. Al momento della firma del contratto ad ogni giocatore viene ricordata quella partita. Il messaggio è chiaro, la missione pure: il tricolore è da riconquistare ad ogni costo. A spese dei granata, naturalmente.

Squadra da battere

Per Boniperti il secondo posto alle spalle del Torino è una beffa. E’ cresciuto disputando innumerevoli sfide stracittadine. E’ fiero di aver incrociato i tacchetti con Valentino Mazzola, il capitano del Grande Torino degli anni ’40. Vanta con orgoglio il primato di miglior marcatore del Derby con sedici reti. Tiene più di ogni altra cosa alla supremazia cittadina, sa che è il miglior preludio allo scudetto. Per battere il Toro ha deciso di affidare la panchina ad un giovane allenatore, Giovanni Trapattoni. Ha 37 anni, poca esperienza ma entusiasmo e idee da vendere. Su sua indicazione cede due  idoli della tifoseria, Fabio Capello e Pietro Anastasi. Il primo, regista vecchia maniera, ha la falcata troppo lenta ed è sempre alle prese con infortuni. Al suo posto arriva il mediano Romeo Benetti, un tipo tutto grinta e dinamismo. Il secondo, centravanti e capitano della squadra, sconta i troppi errori sotto rete oltre che una faida velenosa ai danni del precedente tecnico. Il suo sostituto è il 33enne Roberto Boninsegna, uno che i gol non li farà mancare. Il gruppo è ora al completo: una difesa rocciosa orchestrata con sapienza dal libero Scirea, un centrocampo di ferro con il capitano Furino affiancato da Benetti e dall’instancabile incursore Tardelli e un attacco arrembante ispirato dai guizzi dell’ala Causio, puro estro al servizio del duo Boninsegna-Bettega. La Juventus sarà di nuovo la squadra da battere.

Pressing e fuorigioco

Gli avversari, nonché detentori del titolo, sfoggiano un team di tutto rispetto. E’ il risultato del lavoro certosino del demiurgo in panchina. Gigi Radice è cresciuto alla scuola milanista del Paron Nereo Rocco. Come il suo rivale Trapattoni, del resto. Ma, pur memore del sano realismo tattico inculcatogli dal suo maestro, ha compiuto una sua personale evoluzione ispirata ai principi della scuola olandese. Folgorato sulla Via di Damasco dal tremendismo atletico dell’Olanda di Cruyff ha insegnato ai suoi ragazzi un nuovo modo di concepire il football, inedito per l’Italia. Davanti all’atletico portiere Castellini la difesa, comandata dal libero Caporale, agisce applicando una zona mista, con presidio degli spazi e ricorso frequente al fuorigioco. A centrocampo il regista Pecci fa girare la palla il più velocemente possibile con l’ausilio dell’elegante mezzala Zaccarelli e del podista Patrizio Sala. In avanti gli spunti del fantasista Claudio Sala sono capitalizzati al meglio dalle punte Graziani e Pulici, due attaccanti che, in fase di non possesso palla, sono in grado di effettuare un pressing feroce sugli avversari. Il Toro di Radice è una macchina da guerra, efficacissima sia tra le mura amiche che in trasferta,  tanto  inesauribile fabbrica  da gol quanto roccaforte inespugnabile davanti alla propria porta. Il duello per il titolo con la Juve di Trapattoni, agli antipodi per concezione  di gioco, si protrarrà per tutta la stagione.

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Il Derby infinito

E’ chiaro dall’inizio che lo scudetto sarà una questione fra le due squadre sabaude. Entrambe partono fortissimo, con una sequenza di sole vittorie inframmezzate da un solo pareggio dei granata contro il Perugia. Il primo Derby della stagione vede, quindi, i bianconeri in avanti di un solo punto, situazione ribaltata dalla sconfitta subita dal Toro per 2 a 0 con un gol a testa per Pulici e Graziani. La nuova capolista conduce per qualche giornata per poi venire raggiunta dagli implacabili rivali dopo un pareggio casalingo con la Lazio. Vi sono, poi, continue alternanze al vertice della classifica per arrivare appaiate al temine del girone di andata, con la comunanza del titolo di campione d’inverno. Le due squadre continuano a rincorrersi anche nella seconda parte del campionato finché la Juve prende il largo, approfittando di una sconfitta dei rivali sul terreno della Roma. La settimana successiva riesce a strappare al Toro il pareggio nel Derby di ritorno e consolida il primato. Gli uomini di Trapattoni resistono in testa finchè un pari a Perugia li riporta a pari punti con i granata. La vittoria successiva con il Napoli, aggiunta al pareggio del Toro con la Lazio, li riporta in vantaggio di un punto. Ormai è il rush finale: la Juventus vince le altre due partite e si presenta all’ultima partita, a Genova, contro la Sampdoria, con il distacco inalterato. I bianconeri risentono ancora delle fatiche della Coppa Uefa, conquistata appena quattro giorni prima a Bilbao, in Spagna, ma sono decisi ad andare fino in fondo. Un rabbioso Toro si gioca il tutto per tutto e seppellisce di gol il malcapitato Genoa sperando in un pareggio dei rivali a Marassi che significherebbe spareggio. Un ennesimo, spettacolare Derby, degna conclusione di un testa a testa durato tutto l’anno. Ma la rete di Bettega, ribadita dal gol di Boninsegna, consegna, con un secco 2 a 0, il titolo ai bianconeri. Il più bel campionato della storia per  le squadre torinesi, il Derby infinito, si conclude con la vittoria della Juventus per 51 punti a 50.

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