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NUMERO 14 – Nessuno prima di lui

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Firenze, 16 Dicembre 1977. Un rinomato studio notarile della città ha un cliente d’eccezione, il calciatore Giancarlo Antognoni. Il giovane capitano della Fiorentina ha deciso di affidare la cura dei suoi interessi ad un agente. A suo fianco c’è il diretto interessato, la persona che d’ora in avanti gestirà la sua carriera, il primo procuratore della storia del calcio italiano.

Da piazzista a manager

Antonio Caliendo, classe 1944, ha sempre voluto essere in anticipo sui tempi. Del resto l’intuito non gli è mai mancato. Le sue origini sono umili, suo padre aveva un modesto negozio di generi alimentari a Mariglianella, piccolo centro del napoletano. La sua biografia è quella di un uomo che si è fatto da solo: un diploma mai messo a frutto (avrebbe dovuto fare il maestro elementare), una grande passione per il calcio mai abbandonata (ha militato in diverse squadre prima di appendere le scarpette al chiodo) e mille mestieri fatti per sbarcare il lunario (operaio, facchino, garagista, benzinaio) in attesa della grande occasione. L’evento che gli cambia la vita è la risposta ad un annuncio di una casa editrice in cerca di un venditore. La sua faccia tosta e l’innata parlantina ne fanno, in breve, il miglior piazzista delle Edizioni De Agostini, non si contano le copie delle enciclopedie vendute per sua mano. I suoi superiori lo promuovono agente generale per meriti sul campo ma per lui è già tempo di passare ad un livello superiore. Decide di mettersi in proprio e fonda una sua casa editrice, la Inei. Il suo asso vincente sul mercato editoriale è il primo diario scolastico dedicato allo sport, abbinato a un Manuale del calcio illustrato. Le migliaia di copie vendute lo convincono di aver trovato una miniera d’oro, da sfruttare in diversi modi.

Non più solo un atleta

Alla fine degli anni Settanta la figura del calciatore si sta evolvendo. Anche e soprattutto dietro la spinta dei mass media. Giornali e tv hanno deciso di cavalcare l’onda della crescente popolarità del pallone e di fare dei calciatori i nuovi idoli delle folle. I ragazzi in pantaloncini e maglietta non saranno più protagonisti solo la domenica pomeriggio. E non attireranno più l’attenzione solo per le gesta in campo. A patto che siano, oltre che bravi, anche di bell’aspetto e di modi affabili. Un identikit che calza a pennello ad Antognoni, in quel periodo uno dei giocatori più noti del campionato italiano. E’ ancora giovane ma è già il leader della sua squadra, è nel giro della nazionale azzurra, ha un volto da fotoromanzo e l’aria del ragazzo della porta accanto. Ha tutte le carte in regola per essere un divo, al pari di cantanti ed attori. L’unica cosa che gli manca per esserlo è qualcuno che crei ed amministri la sua immagine pubblica.

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Firma e poi lascia fare a me

Il primo incontro tra i due avviene già nel 1974. Il ventenne Antognoni viene scelto dal c.t. Fulvio Bernardini come uno dei pilastri della nuova nazionale che dovrà far dimenticare le amarezze del recente Mondiale in Germania. Il regista della Fiorentina si dimostra all’altezza del suo ruolo con le prestazioni sul campo ma ha delle evidenti difficoltà a gestire i rapporti con la stampa. Senza contare che i dirigenti della sua squadra sono restii ad adeguargli l’ingaggio. Serve qualcuno che conosca bene i regolamenti e sia in grado di trattare con la società viola da pari a pari. Caliendo, contattato da una ditta pubblicitaria che vuole usare Antognoni come testimonial, viene presentato al calciatore. L’intesa tra le parti nasce spontanea: il manager napoletano ha trovato il grimaldello per entrare nel calcio che conta mentre l’asso fiorentino è ben felice di affidarsi a lui per tutto quello che non concerne il campo da gioco. Antognoni firma la procura in favore di Caliendo, da adesso lui penserà solo a giocare meglio che può. Per tutto il resto lascerà fare al suo agente.

Il nemico dei presidenti

L’ex piazzista si cala alla perfezione nella parte. I dirigenti della Fiorentina devono sudare le proverbiali sette camicie per strappare al capitano il consenso al rinnovo del contratto in scadenza. E portano a casa il risultato solo grazie all’affetto incondizionato della piazza nei confronti del giocatore. Su Antognoni ha messo gli occhi, infatti, la Juventus con una ricca offerta già fatta pervenire sulla scrivania del suo neo-procuratore. Caliendo spinge perché il suo assistito accetti e si trasferisca a Torino ma quest’ultimo, completamente sedotto dall’amore totale dell’ambiente fiorentino, decide di legarsi per sempre alla squadra viola. Una scelta di vita fortemente osteggiata dal suo agente, sempre pronto a ricordargli come la sua decisione avesse avuto come unica conseguenza una carriera priva di successi. Antognoni diverrà quindi, nell’ottica di Caliendo, un esempio da ammirare ma non certo da imitare. Il lavoro del procuratore, secondo il manager napoletano, consiste nel far avanzare la carriera degli assistiti. A suon di vittorie e trofei in bacheca. Concetti come la fedeltà alla piazza o l’amore per la maglia sono soltanto un ostacolo sulla strada per il successo. Cosi come i presidenti delle squadre che pretendono di tenere in ostaggio gli atleti con contratti-capestro. Caliendo è ormai il loro nemico numero uno.

L’affare Baggio

Dopo la fine della trattativa con la Fiorentina per il contratto di Antognoni la carriera di Caliendo decolla. E’ ormai famoso nell’ambiente, la sua abilità nelle trattative lo rende ambitissimo per i calciatori, il suo telefono squilla di continuo e la sua agenda trabocca di appuntamenti. Nel giro di poco tempo diventa il procuratore di molti famosi giocatori (Caniggia, Troglio, Barbas) e la sua ascesa prosegue inarrestabile, fino al picco raggiunto nella finale del Mondiale italiano del 1990 tra Germania ed Argentina, con ben 12 calciatori rappresentati da lui sui 22 in campo. Un trionfo personale che però è, anche, l’inizio della sua caduta. Un altro suo celebre assistito, Roberto Baggio, è fra i protagonisti della manifestazione ma non solo sul campo. Alcuni mesi prima, infatti, vi era stato il suo clamoroso trasferimento dalla Fiorentina alla Juventus, fortemente caldeggiato dal procuratore, ben deciso ad evitare che si verifichi di nuovo quanto accaduto ad Antognoni. La piazza di Firenze insorge con violenza all’annuncio della vendita dell’idolo della curva Fiesole e anche la dirigenza viola scarica tutte le responsabilità dell’operazione sul giocatore e il suo agente. Caliendo si difende affermando di aver solo fatto il suo dovere nei confronti del suo assistito che, dal canto suo, non nasconde la sua contrarietà al trasferimento. Il rapporto tra i due si deteriora, adesso Caliendo non è più il fraterno amico di una volta, capace di stupire Baggio con il noleggio a sue spese di un’auto di lusso per il suo matrimonio ma solo un opportunista che ha speculato sul suo talento per soldi. Il divorzio dal suo famoso cliente, datato Gennaio 1992, è solo uno dei tanti eventi che spengono la sua sfavillante carriera. Già l’anno prima era stato processato per  tentata corruzione e vi era stata una perquisizione nei suoi uffici per sospetta evasione fiscale. E’ l’inizio della fine della carriera di colui che aveva inventato la figura del procuratore.

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