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IL PUNTO – ADL: ve(n)di Napoli e poi… Bari

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Tanto tuonò che piovve. La vicenda Salernitana forse è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E qualcosa si sarà mosso nella testa dei vertici di Federazione. Le idee, le ipotesi, i pensieri hanno lasciato posto ai fatti. Niente più multiproprietà. Al di là della Lega di appartenenza.

Per le situazioni già in essere alla data attuale, invece, la deadline è fissata al 30 giugno 2023, termine ultimo per fare la fatidica scelta. Stabilire quale società cedere e quale tenere. Pillola azzurra o pillola rossa direbbe il buon Morpheus.

E ora la patata bollente passa ai detentori di due o più società, De Laurentiis su tutti. Il fondatore della Filmauro possiede, infatti, il Napoli in Serie A e il Bari in Serie C. Per ovvi motivi logici una delle due andrà ceduta. ADL avrà, quindi, poco meno di due anni per decidere. Pillola azzurra o pillola rossa?

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Ma proviamo a portarci avanti col tempo indossando i panni dell’imprenditore romano.

Senza troppi giri di parole possiamo dire che il Napoli ha raggiunto il punto massimo della dirigenza De Laurentiis nel 2018 quando andò vicino al terzo scudetto sotto la guida di Maurizio Sarri. Da allora Ancelotti prima e Gattuso poi hanno disatteso le aspettative di milioni di tifosi, ma immaginiamo anche della dirigenza. Due anni consecutivi senza Champions si faranno sentire inevitabilmente nelle casse del club. Neanche troppo velatamente il presidente ha, infatti, dato, il via a un “ridimensionamento”. Verrà abbassato il tetto ingaggi, si comprerà probabilmente solo dietro cessioni. Alla ricerca magari del crack, del talento che sarà. Un po’ quello che abbiamo visto con i vari Lavezzi, Hamsik, Cavani e via discorrendo.

E allora perché non vendere?

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È innegabile, al netto delle critiche, che De Laurentiis abbia dato tanto al Napoli prendendolo dalle macerie del fallimento e portandolo ad un soffio dal tetto d’Italia. Oltre ai 12 anni consecutivi in Europa. Sembra essere palese – pare chiaro da tre anni ormai – che si sia però raggiunto il limite. Risulta difficile pensare, infatti, che sotto l’attuale dirigenza si possa fare di più. Senza grossi capitali alle spalle (vedi Exor, Suning ecc) si parteciperà sempre ad un gioco impari. E il divario, col tempo, sarà sempre maggiore. Tranne per quell’eventuale annata – in cui più astri devono allinearsi – che può portarti a lottare per lo scudetto.

Per di più il Bari è carne fresca. Un ambiente perfetto per replicare il corredo genetico napoletano di un decennio e più fa. In soldoni, fare a Bari ciò che è stato fatto a Napoli. La città che ha dato i natali a Cassano non ha esigenze particolari. O almeno non le stesse della piazza partenopea. Già restare costantemente in A sarebbe tanta roba. Figurarsi se si riuscisse a centrare anche l’Europa. Già ci immaginiamo piazza Umberto I o piazza del Ferrarese ribattezzata in piazza Aurelio De Laurentiis. Scherzi e odonomastica a parte, è giunto davvero il momento per napoletani e baresi di fare un salto ulteriore, di passare allo step successivo. E qualcosa ci dice che ciò possa avvenire solo se De Laurentiis si decidesse a cedere il Napoli dedicandosi esclusivamente al Bari. Poi la nuova proprietà partenopea dovrà avere testa quadrata, spalle larghe e ben coperte, ça va sans dire. Ma questa è un’altra storia.

Nel frattempo caro Aurelio: pillola azzurra o pillola rossa?

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