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LEVA CALCISTICA: SPECIALE EURO ’80 – La finale dell’Olimpico

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Il 22 di giugno l’Olimpico di Roma presentava un bel colpo d’occhio. Nella Capitale, per l’occasione, giunsero torme di nibelunghi e fiamminghi che preoccuparono non poco l’ordine pubblico. Ma le nostre forze dell’ordine erano molto “allenate” dagli “anni di piombo” e non si fecero trovare impreparate. Il Belgio d’altronde era al suo primo grande appuntamento con la storia e i fans dei Diavoli Rossi non vollero far mancare il supporto necessario ai propri beniamini.

I nibelunghi, invece, nel Bel Paese erano di casa. I sandali francescani indossati, con scioltezza, insieme a calzerotti di spugna sotto ad improbabili bermuda erano e restano i segni distintivi delle loro amene origini per chi, come me, era abituato a trascorrere le vacanze estive nella magnifica isola verde di Ischia. Colazione con birra e würstel e pranzo con cornetto e cappuccino ne denotavano invece la derivazione lanzichenecca.

Dopo una poco più che accettabile cerimonia di chiusura dell’evento, Belgio e Germania Ovest si ritrovarono sul rettangolo verde dell’Olimpico per l’ultimo atto della manifestazione.

I tedeschi erano più forti fisicamente e forse anche più dotati tecnicamente e Jupp Derwall non ebbe molti problemi a trovare le giuste contromisure tattiche ai ragazzi di Thys.

Caja Ceulemans fece gli straordinari quella sera ma fu ben tenuto da Stielike e Forster. Il Belgio non poteva più contare sull’effetto sorpresa e, al di là di un rigore generosamente concesso dalla direzione arbitrale, fece ben poco. Il penalty riuscì solo a pareggiare momentaneamente il primo gol tedesco, fino a quando quell’armadio a quattro ante che rispondeva al nome di Horst Hrubesch decise di ripetersi, a pochi minuti dalla fine, con la specialità della casa: stacco aereo su corner di Kalle Rummenigge.

Doppietta.

Game. Set. Match.

Germania Ovest Campione d’Europa.

Le partite di quell’estate italiana misero in luce una generazione di fortissimi giocatori tedeschi, e non solo. Ma restando in ambito Uber Alles, mi restano impressi due in particolare: Manfred Kaltz, difensore e padrone assoluto della fascia destra sulla quale apparivano solchi a mo’ di Crop Circles al termine di ogni gara, e Bernd Shuster, tecnica unita alla potenza e all’eleganza e padrone assoluto del mediocampo teutonico.

Discorso e fantasie a parte merita la esimia signora Schuster, all’anagrafe Gaby, che movimento’ quella torrida estate tra foto osé ed estenuanti trattative per il giovin consorte, facendo scuola ed inaugurando un ruolo nuovo per il football: la moglie procuratrice. La signora Icardi? Una dilettante al confronto. Basti pensare che nel corso della carriera spagnola di Bernd una delle squadre in cui milito’ richiese la perizia psichiatrica del giocatore pur di liberarsi del pesante ingombro. Insomma Uanda “le avrebbe spicciato casa”, come direbbe un amico.

Quarant’anni, ahimè, sono passati da questi eventi che chi vi scrive ha cercato di descrivervi tentando di ricreare atmosfere e sensazioni perché, in fin dei conti, diciamolo: sono queste le cose che restano scolpite nella nostra memoria quando si parla di una palla che rotola sull’erba, non certo bilanci, sponsorizzazioni, scommesse e contratti milionari.

L’esordio vincente e convincente della Nazionale del Mancio porta speranza.

Speranza che chi legge abbia apprezzato e che generi un sincero augurio a tutti, in particolare ai giovanissimi (che tornino ad innamorarsi di questo sport) per un divertente e fantastico Euro 2020.

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