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SI POTEVANO MANGIARE ANCHE LE FRAGOLE – Storia dell’Arte: il Periodo Arancione

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Io non faccio quasi mai errori perchè mi dà molto fastidio sbagliarmi. Johan C.

 

Jack ha quarantaquattro anni: vive a Wolverhampton, fa il macellaio e si diletta ad arbitrare gare di calcio. Ha trascorso buona parte dell’estate del 1974 in Germania.

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Franz è cresciuto a Giesing: la miseria nelle case e per le strade, tutti i giorni a dare calci ad una palla di stracci. La resilienza della prima generazione del dopoguerra. Nel luglio di quella stessa estate, a Monaco di Baviera, non s’attendeva altro che la sua incoronazione.

Johan era la punta di diamante della nazionale di baseball Under 15, ma qualcuno lo ha iniziato al calcio. Santo Subito. L’anno prima s’era trasferito dall’Olanda in Spagna, chè Franco stava giusto per togliere il disturbo: il giorno 7 di quello stesso mese di quello stesso anno stava in mezzo a un prato verde, assieme a Jack e Franz.

Tre uomini in un cerchio bianco, a dare inizio ad un evento che mai più si sarebbe ripetuto. La squadra più bella di sempre giocò la finale dei Mondiali di Calcio. E la perse.

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Per la prima, e probabilmente ultima volta, il calcio sublimò in Arte.

Calcio ed Arte, non lasciatevi ingannare: momenti inconciliabili. Siate seri: nel calcio vincere non è importante. È l’unica cosa che conta. Il Calcio è fame di vittoria. Feroce.

L’Arte, invece. Potenza del pensiero umano, purezza spirituale, universale e immortale, eterna ricerca del bello. Cos’è il bello, se non promessa di felicità, dono supremo per l’animo animo libero, elevato, intrepido e costante, lontano da timori e desideri.

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L’Arte è il percorso dell’anima: la bellezza tende alla felicità, scevra dal desiderio.

 

Adesso immaginate una squadra che si sia nutrita della propria bellezza, che si sia specchiata in essa fino ad astrarsi dal vile risultato del campo. Ce n’è stata una, una soltanto: fu Arte.

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L’Olanda del Settantaquattro, icona della rivoluzione culturale che travolse l’Occidente e con esso il gioco del calcio: diamante purissimo senza un valore, inestimabile quale fu.

In campo si va in undici, tutto il resto è mo­vimento, divertimento ed anticonformismo. Donne in ritiro – tendenzialmente mozzafiato – prepa­razione fisica tuttavia eccellente. Assoluta libertà nella gestione del tempo libero. Leggerezza mentale sparsa per il campo, l’estro scandisce ogni giocata. La ricerca del bello.

Non vinse nulla. Fu semplicemente Arte. I diamantai di Amsterdam danno alle cose un valore in base al peso. Non loro. Quella squadra fu un mosaico di calciatori, di pensatori, di sognatori. Poteva permettersi altro. Godere di un gesto, un momento, una giocata. Stabilì la grandezza senza affidarsi ad unità di misura. Esaltò il privilegio della soggettività, la sontuosa meraviglia di stabilire qual è il calcio che più piace, facendone icona.

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Un giorno diremo del portiere di quella squadra: un tabaccaio, capitato lì per caso. Un tabaccaio. Oscar Wilde definì la sigaretta il piacere perfetto. È deliziosa e lascia insoddisfatti: la descrizione dell’Olanda degli Anni Settanta. La squadra più bella mai scesa su un campo di calcio perse la finale di un Mondiale. Anzi due.

Perse due finali contro i padroni di casa, i potenti, la classe dominante. Li ammiravi giocare, e ti pareva di leggere Marx. Giocarono a rovesciare il senso comune, ma l’ideologia dominante è fatalmente l’ideologia della classe dominante.

La definirono Arancia Meccanica e quanto l’opera di Burgess fu simbolo di ribellione al sistema. 

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Negli Anni Settanta qualcuno sognò l’utopia della Grande Olanda, molti altri un’utopia più grande, che abbracciasse Popoli e Nazioni in un unico afflato di giustizia sociale. I sognatori in maglia arancione non arrivarono agli Ottanta, chè la Grande Olanda cadde prima del Comunismo.

Non cadde l’idea dei calciatori poeti, poichè l’Arte rimane.

L’Arte è comunicazione. È linguaggio di emozioni, esprime la forza, la profondità, la purezza di concetti non descrivibili altrimenti.

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L’Arte ridiscute le opinioni: osserva la realtà, la rielabora, la disvela.

L’Arte è forza rivoluzionaria, e muove ideologie e masse.

L’Arte è denuncia. 

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Per questi e per altri motivi che gli occhi conoscono eppure intraducibili in prosa e versi, Arte è l’Olanda del Settantaquattro.

 

 

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