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Angolo del tifoso

ANGOLO NAPOLI – Napule é… un doveroso esame di coscienza

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La storia racconta l’esistenza, prima di Cristo, di un drammaturgo romano che aveva capito tutto.

C’è ancora speranza di salvezza, quando la coscienza rimprovera l’uomo”, scriveva infatti Publilio Siro. Ed aveva ragione. Specie se Rino Gattuso passerà un paio di notti insonni e – con lui – accadrà a Giovanni Di Lorenzo, Fabian Ruiz, Mario Rui, Lorenzo Insigne e… Paolo Valeri.

Ne andrebbero citati ancora altri, ma ciascuno dei sei avrà seri ed importanti motivi per riflettere su quel che è stato Napoli-Milan e quel che – invece – doveva e poteva essere.

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E’ sembrata una sconfitta meritata contro una buona squadra Ibra-dipendente (lo svedese è catalizzatore di gioco ed una sentenza in area di rigore), ma in ogni caso quadrata, attenta, determinata e con un’idea precisa di gioco fondata sulla velocità di Hernandez (tecnica e velocità superiore), la copertura preventiva e successiva di Kessie (metronomo ed incontrista straordinario) e la velocità di pensiero di Calhanoglu.

Il calcio, si sa, è fatto di episodi e quelli di domenica sera sono tutti a sfavore degli azzurri.

Napoli punito, nell’ordine, dalla peggiore partita di Di Lorenzo da quando veste l’azzurro (gravissimi errori in difesa tanto quanto quello sotto porta che poteva valere a quel punto un meritato pareggio), dalla scarsa voglia (e capacità) di Mario Rui, che pare insolenza, dalla lentezza disarmante di Fabian Ruiz, dalla prima ammonizione inventata a Bakayoko, dalla molle sufficienza di Lozano  e dalle condizioni post-nazionale imbarazzanti di Insigne e Mertens.

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E’ un campionato che sino ad oggi i rossoneri col Sassuolo stanno guidando meritatamente, nel quale però i 15 punti conquistati sul campo dagli azzurri sono figli – nelle due sconfitte patite – di impostazioni tecnico/tattiche errate, conseguenza di scelte fatte senza considerare l’avversario di turno.

Contro il Milan probabilmente doveva iniziare Petagna e serviva un centrocampista in più contro i tre rossoneri che, nella zona nevralgica, l’hanno comandata dall’inizio alla fine.

Fanno pensare, in ogni caso, le dichiarazioni post-gara dell’allenatore.

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E ritorna veemente il ricordo del drammaturgo già citato: “Non promettere”, chiosava Publilio Siro, “quel che non puoi mantenere”.

Perché se è vero, come dice Gattuso, che in campo i suoi “si accusano al primo errore”, “fanno i professori” e “mostrano atteggiamenti che non piacciono”, allora diventa fondamentale il ruolo dell’allenatore, che poco incide se davanti hai uno come CR7 o Zlatan Ibrahimovic, ma tutto conta quando sei costretto a giocare senza l’attaccante titolare su cui hai costruito tutto, con l’uomo in meno a centrocampo e con una evidente differenza sulla tua corsia di destra dove Di Lorenzo e Lozano hanno assistito inerti vedendo solo passare la forza travolgente di Theo Hernandez ed il piede educato di Ante Rebic.

Il valore di un generale, è frase fatta, risiede nella sua strategia, prima ancora che nel suo coraggio.

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C’è dunque bisogno di capire in fretta che non è sempre necessario ed imprescindibile partire dal basso con squadre che pressano alte (superare la prima barriera è sembrato infatti impresa eroica contro i rossoneri) e che non per forza mettere quattro giocatori d’attacco significa esser più pericolosi.
Lozano, Mertens e Insigne nel primo tempo sembravano pestarsi i piedi e tutti insieme non son valsi metà Politano, l’unico capace di generare scompiglio.

Dopo il giovedì di Coppa, prima di Natale si giocherà, tra le altre, con Roma, Inter e Lazio.

Nei momenti di difficoltà, diceva Einstein, vengono fuori l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.

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All’ombra del Vesuvio non bisogna inventarsi nulla. E’ solo necessario guardarsi negli occhi, farsi un bell’esame di coscienza e stringere un patto: “tutti per uno e… uno per tutti”.

Esattamente il contrario di quanto fatto vedere contro il Milan…

Al di là di Valeri, le cui decisioni hanno comunque deciso una partita che, probabilmente, sarebbe finita diversamente.

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