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Mi chiamo Denis

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Mi chiamo Denis e avevo un sogno.

Un sogno lucente e radioso. Dopo esser stato protagonista di una storica promozione in serie B con i miei Lupi Rossoblu, tutto faceva presagire che sarei riuscito ad essere protagonista anche per una possibile, ancor più storica, promozione in serie A.

Mi chiamo Denis e, dove mi trovo ora, non riesco più a vedere che qualche pallido balenio di quel sogno lucente, sprazzi e schegge, sporadici sfavillii di lamine o lamiere, riflessi di fari abbaglianti di una umida e fredda sera. Forse immagini, istantanee cristallizzate nella mente, non lo so. Quel che so è che quel sogno, quella sera, mi è stato portato via.

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Perché quella sera sono morto.

Mi sono suicidato, o forse mi hanno suicidato, non ricordo più. Sono passati più di trent’anni, e i ricordi iniziano a sbiadire. Perché in questo Paese funziona così. La gente tende a dimenticare in fretta i brutti accadimenti, con l’aiuto dei Media che solo sporadicamente accendono i propri riflettori su queste cose, accettando supinamente le conclusioni di indagini frettolose e giudici conniventi, o quanto meno inadatti. Evidentemente c’erano grossi interessi in ballo, più grandi di me e dei miei sogni. E quella sera me ne sono reso conto all’improvviso. Mi sono reso conto che non bastava avere la passione per il football, non bastava nemmeno saperlo giocare bene e con lealtà. Bisognava essere abili anche fuori dal rettangolo verde, abili a schivare loschi figuri e situazioni intricate. Ed io non sono stato abbastanza abile da captare prima queste dinamiche, o almeno non ho fatto in tempo, preso com’ero da una stagione che prometteva bene e che aspettavo da tempo.

Mi chiamo Denis e avevo ventisette anni. E mi hanno suicidato più di trent’anni fa in quella umida sera di novembre.

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Ed è da allora che sono sospeso tra coloro che attendono.

Ed è da allora che attendo giustizia, che mia sorella aspetta giustizia. La Giustizia quella vera con la G maiuscola, perché lei adorava suo fratello. E mi amavano tutti i tifosi cosentini per quello che davo in campo, per la tecnica e per l’agonismo, per l’altruismo e il fiato. Quello che mi hanno tolto con quel lurido sacchetto di plastica.

Mi chiamo Denis, Denis Bergamini.

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