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#LBDV – Calcio, ricominciamo o forse no

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Da Lecce a Milano, passando per Napoli e Torino, fino a sconfinare nel resto d’Europa. La protesta del tifo organizzato non cessa ed ogni giorno che passa si arricchisce di comunicati e striscioni contro la ripresa dei campionati.

“La gente muore e soffre e voi pensate al vostro business”, questo il sunto dei tanti striscioni apparsi in giro per l’Italia. Una frase che fa sicuramente rumore, ma allo stesso tempo sguazza nella retorica. Una posizione, quella degli ultrà, che lascia il tempo che trova. In un calcio dove il cuore pulsante, da decenni, è ormai il dio denaro, pensare che qualcosa potesse cambiare ora è al quanto utopistico. Le squadre di calcio sono sempre più delle aziende, e come tali, è ragionevole pensare che il loro principale interesse sia proprio il business.

Così come il ristoratore che protesta per le distanze tra i tavoli, che gli causano un danno economico, anche i presidenti dei club, fanno i loro interessi, e provano a far riprendere quel gioco che contribuisce a dar da mangiare a migliaia di persone.

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Quando si parla di calcio si pensa ai vari Messi e Cristiano Ronaldo, dimenticando quell’intero mondo che intorno a questo sport ci lavora. Il calcio incide sul Pil dell’Italia in modo rilevante, essendo tra le prime cinque aziende del Paese, producendo un movimento di denaro unico. Quel denaro entra in maniera cospicua nelle casse dello stato, circa un miliardo di euro all’anno, e viene usato dai nostri governanti per alimentare anche i vari servizi pubblici di cui tutti noi usufruiamo.

Gli Ultrà, figli del calcio come mera passione, vorrebbero che si tornasse a giocare quando tutto sarà tornato alla normalità, con gli stadi pieni, e con il rischio zero contagi. Una visione fantasiosa e soprattutto futuristica. Se aspettiamo l’azzeramento totale dei rischi per la salute degli atleti, il campionato  può già dirsi terminato, e molto probabilmente anche la prossima stagione.

Il Ministro dello Sport Spadafora, invece, sembra essersi collocato nella classica posizione di mezzo, quasi come voler temporeggiare per poi salire – al momento opportuno – sul carro dei vincitori. Quello che ai più, invece, sembra essere quel purgatorio dove – anche lui – farebbe bene ad espiare le proprie colpe.

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Le posizioni sembrano ormai delineate: il mondo del calcio spinge per la ripresa, gli ultrà, convinti forse che quello del pallone sia ancora solo uno sport, chiedono lo stop per rispetto delle vittime, ma anche il loro. Ed il Ministro Spadafora lì nel mezzo pronto a lanciarsi dal lato giusto degli schieramenti, pregustando quel consenso popolare che ne conseguirebbe.

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