Approfondimenti
#LBDV – Polveriera Azzurra

Ormai è da troppi mesi che la situazione Napoli tiene banco. I tifosi brancolano nel buio e, considerando la mancanza di chiarezza, ci sono evidenti spaccature a seconda delle correnti di pensiero.
La situazione è catastrofica e, ad oggi, nessun tesserato della SSCN ha avuto il buon senso e il coraggio di uscire allo scoperto. Ma come tutti, anche chi scrive si è fatto un’idea. Tutti quelli che vivono con passione le vicende azzurre lo hanno fatto.
E’ chiaro che si tratti di ipotesi ma, in tale confusione, pullulano le fantasie. Dare credibilità alla stampa potrebbe essere fuorviante e inesatto. Di sovente, infatti, si riportano episodi relativi al chiuso delle stanze di Castelvolturno, agli spogliatoi del San Paolo o peggio ancora a telefonate o incontri privati. Come potrebbe essere attendibile tutto ciò?
A Napoli, però, c’è la consuetudine di attribuire la verità ai detti antichi: “ ‘e ritte antiche nun sbagliano maje”.
E in riferimento a ciò, per come in questi anni si è fatto conoscere il Presidente della SSCN, personalmente mi sento di asserire che in qualche modo, in qualità di ‘padrone’, sia il primo responsabile. Non me ne voglia il buon Aurelio ma “comme se rice: ‘o pesce fete ra capa!”.
Proviamo però a dare una chiave di lettura e a ricostruire i fatti. Tutto il bailamme che, infatti, nasce proprio da alcune dichiarazioni del proprietario.
La sua strategia comunicativa è ormai nota e consolidata. Negli anni, sono state diverse le persone messe alla gogna e la storia si è ripetuta anche di recente. Gente che per anni ha portato lustro alla società è stata in qualche modo rifiutata senza riconoscenza.
I personaggi in questione, nonostante tutto, hanno continuano a fare il proprio dovere. La squadra in campo però ha iniziato a subire diverse angherie da parte della classe arbitrale e i risultati hanno cominciato a non arrivare. Ancelotti, guida tecnica, sbotta e a più riprese alza la voce. La proprietà tace.
Il tecnico continua nella posizione da pugno duro e, come è giusto che sia, rimane al fianco della squadra. Di tutta risposta, la società, anziché farsi sentire sui tavoli istituzionali e tutelare se stessa e i propri dipendenti, indìce un ritiro punitivo camuffando il castigo da vacanza tra amici. Ancelotti, in conferenza stampa pre Champions, si rivolta alla proprietà. In quella sede, il tecnico dichiara senza mezzi termini di essere contrario al provvedimento ritenendolo inutile.
A quel punto, la sera del pareggio casalingo con il Salisburgo che dava la quasi certezza dell’approdo agli ottavi di Champions League, accade l’imponderabile.
Da quanto si è appreso, il rampollo di casa De Laurentiis e vice presidente della società sembrerebbe che, insoddisfatto dalla mancata vittoria, abbia affrontato a muso duro la squadra, confermando la linea dura. Tutti in ritiro. Negli spogliatoi pare sia accaduto qualcosa che si è tradotto in una presa di posizione della squadra, ferma sulla posizione: niente ritiro.
Ma non finisce qui. Ancelotti, che aveva espresso disapprovazione non rilascia intervista (obbligatoria) post partita e si reca comunque a Castelvolturno. I ragazzi, dal canto loro, restano fermi sulla loro posizione e ammutinano.
Da quel momento in avanti, purtroppo, parte il tutti contro tutti.
Anche i tifosi iniziano a spaccarsi: chi con i calciatori, chi contro di loro. La società, invece, perpetra nella latitanza ma, nel frattempo, manda la squadra in pasto ai tifosi. Il giovedì successivo all’accaduto, anziché gestire la situazione divenuta una vera e propria polveriera, fa disputare un allenamento a porte aperte allo stadio San Paolo. Nessuno parla e, a mezzo comunicato stampa, si apprende della comminazione di multe salatissime verso gli ammutinati. Tutta la squadra viene sanzionata, si leggono twett ma di voci e facce neanche l’ombra.
Nel frattempo, i risultati in campionato iniziano a scarseggiare e il Napoli non è più una squadra. Di quel gruppo coeso, non vi è più traccia. L’unica nota di soddisfazione è il passaggio del turno in Champions. Brutte sensazioni pervadono la mente dei tifosi, sembra tutto scivolare in un apatico limbo quando, tutto ad un tratto, il coup de théâtre. Il Napoli batte il Genk, acquisisce il passaggio del turno europeo e Ancellotti viene esonerato. La squadra viene affidata a Gattuso.
Consapevole o meno, Gattuso sceglie di prendere l’ascensore per l’inferno. Deve ricominciare da zero, preparazione compresa. Dal canto suo, ci mette la faccia. Si fa garante della squadra e prova la linea di mediazione per le multe. Risultato? La società risponde picche o, meglio ancora, non risponde.
Il tutto mentre si tenta di comprendere chi dovrebbe volere realmente il bene del Napoli.
Il Napoli prova a ritrovarsi, Gattuso prova a mettere insieme i cocci e qualcosa di buono, nonostante l’assenza di risultati, inizia a vedersi.
Questo, fino alla prova con la Fiorentina. Perché sabato si è raggiunto il fondo. Il tecnico, con pochi giri di parole, utilizza frasi importanti e pesanti come macigni, riconoscendo che all’interno di quello che non è più un gruppo, ci sono rotture insanabili. Chi si è messo a disposizione offrendo buone garanzie durante il lavoro settimanale, in partita, ha voltato le spalle a lui e alla gente.
Ma perché alcuni sono venuti meno alla parola data? Che problema hanno certi personaggi verso il tecnico, arrivato pieno di buone intenzioni e che si è schierato dalla loro parte? Forse non lo sapremo mai ma le chiavi di lettura sono diverse.
Con ogni probabilità, la linea di mediazione tentata, nonostante un motivatore quale Gattuso, non ha dato i risultati sperati e il denaro resta la chiave di tutto. I calciatori, non accontentati, hanno voltato le spalle, mostrando un atteggiamento mortificante nei confronti della la maglia e dei tifosi.
A questo punto, signori cari, non si tratta più di una diatriba personale con la Società ma di mancanza di rispetto, serietà e professionalità.
E’ finita così? Manco a parlarne.
La gara con la Fiorentina e l’immediato dopo partita riservano l’ennesimo capitolo di questa saga. Come a dire, al peggio non mai c’è fine.
Allan, sostituito, scappa via senza fermarsi in panchina e la squadra, mortificata sul campo dai viola, a fine gara dichiara di andare in ritiro. Il brasiliano, da quanto si legge qua e la, dev’essere richiamato al telefono dai compagni o da chi sa chi, perché prenda parte alla riunione straordinaria.
Et voilà: tutti a Castelvolturno. Forse è giusto così, forse è la volta buona: c’è la Lazio alle porte e una semifinale di coppa Italia da conquistare.
Trapela qualcosina, scontri dialettici tra calciatori e confronto che ha il sapore del veglione. Faccia a faccia fino alle quattro del mattino, ma l’epilogo sottolinea ancora una volta la fragilità o l’assenza societaria. Domenica mattina, a mezzogiorno, ennesima mortificazione: tutti a casa e fine del ritiro.
La scarsità di considerazione e professionalità raggiunge livelli indicibili. A questo punto, Gattuso, al secolo Ringhio (e non a caso), prende posizione. Il tecnico di Corigliano stila la lista dei convocati e tiene Allan fuori (si dirà per un risentimento muscolare). La storia del tecnico azzurro racconta di una persona che possiede grandi attributi e che, forse ancora una volta, non perde occasione per dimostrarlo. Il seme è stato lanciato e stasera il campo ci dirà qualcosa in più. Ma, se non dovesse riuscire nell’impresa, spieghi i fatti, sciolga la matassa e se non gli dovesse essere concesso, sbugiardi tutti e si dimetta seduta stante.
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