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RUBRICA #LBDV – Accadde oggi, il Pirata vince il Giro d’Italia

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07 Maggio 1998Il Pirata trionfa al Giro d’Italia. Alex Zulle, reduce da due vittorie alla Vuelta, è il favorito, il ciclista macina chilometri ed è in Maglia Rosa per metà giro, ma alla tappa numero quattordici, paga per la prima volta dazio: Marco Pantani attacca e vince in solitaria prendendosi anche la maglia. Ma lo svizzero reagisce e nella sua specialità, la tappa a cronometro, fa un gara strepitosa, ritorna leader e addirittura guadagna sul romagnolo 3′ 48”. Sembrava la fine dei giochi, il giro sembrava nelle mani di Zulle, ma se ti chiami Marco Pantani mai dire mai. A Selva Gardena il Pirata arriva secondo dopo un’ottima tappa, lo svizzero crolla e accumula più di un minuto di ritardo. Ma il ciclismo è imprevedibile, a quattro giorni dall’arrivo di Milano, cambia l’avversario: Pavel Tonkov. Il russo è uno tosto, sulla salita verso Montecampione, dopo diversi attacchi, è sempre lì a ruota. Pantani, a circa 2km dall’arrivo, lancia la volata finale. Tonkov si arrende, distacco di 1’28’’. L’ultima crono di Lugano non rappresenta più un pericolo. Marco Pantani vince il suo primo e unico Giro d’Italia.

Applausi a scena aperta per uno dei più grandi corridori della storia delle due ruote a pedali. Imprese su imprese per battere i rivali Alex Zulle e Pavel Tonkov, veloci a cronometro, più fiacchi in salita. Il ciclismo, ormai, senza Pantani è un’altra cosa, sono cambiati i tempi, sono cambiati gli eroi. Ma Marco resterà nella storia di questo sport: oltre a far emozionare per le sue salite, apriva il cuore degli appassionati. Gli occhi del campione, la grinta, la carica in realtà nascondevano un animo fragile, una fragilità che lo portò alla morte.

In questi anni ci sono state tante ricostruzioni sulla morte del Pirata. Alcune coerenti con la realtà, altre meno. E poi contraddizioni, anomalie, sospetti indagini chiuse e riaperte. C’è una madre che aspetta una verità. Ci sono molti misteri irrisolti. C’è il dolore di un campione fragile, c’è la sua solitudine. C’è un ciclista con una maglia gialla e una bandana che si arrampica su per una salita, spingendo sui pedali per trovare con soluzione dopo la fatica e per – come disse una volta – «abbreviare la mia agonia». C’è una vita finita con cui bisogna fare i conti. Ci sono – soprattutto – ancora troppe domande senza una risposta.

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Sono passati sedici anni da quel maledetto giorno, ma le imprese del Campione di Cesenatico rimarranno per sempre impresse nella mente degli sportivi italiani e non solo.

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