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A(F)FONDO – Un campionato per vecchi

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Tempo di lettura: 3 minuti

Un campionato per vecchi

Ho letto con estrema attenzione ed interesse  l’editoriale scritto dall’ottimo Luca Marchetti su TMW del 25 marzo.
Analisi più che corretta di dati a dir poco inquietanti.
Scopriamo, ma del resto appariva evidente, che il nostro è indubitabilmente un campionato per vecchi.

Le squadre del nostro massimo campionato hanno, tra i titolari, la media età più alta d’Europa.
I nostri “vecchietti”, gli over37 per intenderci, giocano il doppio o il triplo dei loro coetanei negli altri maggiori campionati europei.
In Germania, terra virtuosa, non giocano giocatori nati prima del 1983.

I settori giovanili

La situazione è ancor più desolante se il focus passa sui settori giovanili.
L’Italia ne è sostanzialmente priva.
Gli unici club con settori giovanili degni di questo nome sono la Juventus e l’Atalanta.

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Per il resto, è il deserto.

Il problema

Il problema viene spesso spiegato con il fattore economico, la tassazione, i problemi burocratici tutti italiani circa gli stadi di proprietà e le relative infrastrutture.
Tutto vero, certo, ma il problema sostanziale è altrove.

La serie A riflette il sistema Paese.
L’Italia è un Paese per vecchi, non per giovani.
Non si ha fiducia nelle nuove generazioni, non si ha voglia di aspettare, non si rischia di investire.

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L’usato sicuro, nient’altro.

Quanto dureremo?

Il problema è che il resto di quella Europa invisa a molti ha innestato un’altra marcia.
E noi ci stiamo perdendo.
Vi invito a leggere l’ultimo editoriale del nostro Direttore.

Impietoso e puntuale.

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E la cosa più allarmante è che i comandanti del veliero sembrano non accorgersene.
Tutti intenti a scannarsi sui diritti TV, non si accorgono che di questo passo rimarrà poco per cui litigare nel prossimo futuro.

Le soluzioni

Alleggerire burocrazia e pressione fiscale, incentivare i progetti legati ai settori giovanili, modificare, rendendole finalmente efficaci, le ridicole regole attuali sulla presenza di giovani in prima squadra sono solo un primo passo.

Serve un reale cambio di rotta e di mentalità.
Bisogna avere la voglia e la pazienza di aspettare i giovani.

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Se manca questo, e se nulla dovesse cambiare, rassegniamoci al declino.

Un veloce, inesorabile declino.

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