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SPECIALE NUMERO 7 – La storia del calcio: il numero sette, l’ala destra

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La storia

C’è stato un tempo nel calcio, un’epoca romantica, in cui le maglie non riportavano nomi ma solo numeri, che erano fissi per l’intera durata di una competizione (prima del 1939 non riportavano neppure quelli per la verità).
I numeri fissi si erano affermati nella pallacanestro, sport dalla cui tattica il calcio ha attinto a piene mani, e si erano estesi al football.
Il numero diceva che ruolo aveva in campo il calciatore, quale parte del meccanismo della squadra fosse. L’assenza di nomi sottolineava il fatto che il singolo calciatore era solo un numero in un collettivo.
I campioni li conosceva e riconosceva chiunque, sia chiaro, ma parliamo solo delle semi-divinità o delle divinità calcistiche vere e proprie.
Questo tempo, in serie A, è durato sino alla stagione 1995/96, dopo la quale il primo sport nazionale si è arreso al marketing: club e giocatori hanno cominciato a scegliere numeri da 1 a 99,  le maglie ad essere personalizzate coi nomi dei singoli.

Foto di Pexels da Pixabay

Numeri e ruoli

Prima del ’96, la regola dei numeri fissi comportò una vera e propria identificazione di numero e ruolo in campo, anche perchè non esisteva ancora la grande varietà di moduli, impostazioni tattiche e ruoli dell’era moderna del calcio.
Così la storia del calcio ci dice che il numero 1 era il portiere, i numeri 2 e 3 i terzini destro e sinistro, il numero 4 il difensore centrale, lo stopper. Il numero 5 era il libero, l’uomo a capo della difesa ma libero, appunto, da precisi compiti di marcatura. A centrocampo c’erano i numeri da 6 a 11, con eccezione del 9 che è l’attaccante per antonomasia, la punta centrale.
Il numero 6 era il mediano, quello di cui parla il Liga, il numero 8 l’interno che equilibra il gioco, il 10 era il classico regista.
E poi c’erano le ali, destra e sinistra, il 7 e l’11.
Il loro compito era quello di rifornire gli attaccanti, e segnare all’occorrenza.

Il numero 7

Il numero 7, in particolare, era l’ala per eccellenza. Corsa, tecnica, tempi di inserimento, cross millimetrici, questo si chiedeva al 7.
E quando i 7 rispondevano, nascevano miti veri e propri: Garrincha, Causio, Conti, Best, Donadoni.
Più di recente e con caratteristiche molto differenti dalle origini, Luis Figo, David Beckam, Cristiano Ronaldo.
I grandi numeri 7 della storia testimoniano, per chi se li ricorda, quanto l’ala destra fosse fondamentale e quanto, allo stesso tempo, restasse sempre nel cono d’ombra del pivot, della punta centrale, dell’assassino d’area.
Eppure gli energumeni col numero 9 potevano poco senza ali di talento.
Il 7 è stato un pò il mediano del reparto d’attacco, quello che manda avanti la baracca senza apparire troppo, che sgroppa avanti e indietro e di cui spesso quasi non ricordi il nome: calciatori come Cantona, Ribery, Callejon.
E’ al numero 7, forse proprio per questo, che dedichiamo uno speciale. È di questi uomini che vogliamo parlare.

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